Esposto in vetrina e nell’ultima fase del processo di acquisto, un prodotto cosmetico descrive se stesso attraverso l’etichetta INCI (che riporta le sostanze presenti) e i claim utilizzati. Con l’obiettivo non solo di “salvare la pelle” del consumatore, ma soprattutto di uniformare le “regole del gioco” del marketing e permettere una concorrenza corretta sul mercato unico, l’Unione Europea si è sempre preoccupata di indicare quali devono essere i principi dei messaggi pubblicitari (si veda la Direttiva 2005/29/CE). Oltre a tali linee guida, le istituzioni sovranazionali hanno previsto una normativa specifica sui prodotti cosmetici.

Si tratta del Regolamento UE 655/2013 della Commissione europea. Questo testo stabilisce i criteri condivisi per la comunicazione di tutti i prodotti cosmetici e dermo-cosmetici e “si applica a tutte le dichiarazioni, indipendentemente dal mezzo o tipo di strumento di commercializzazione utilizzato, dalle funzioni attribuite al prodotto e dal pubblico destinatario” (Art. 1). Vale a dire che, dal packaging agli spot televisivi, le regole generali sono quelle contenute nel Regolamento UE.

Ma perché l’Unione europea ha stabilito delle linee comuni proprio per i prodotti dermo-cosmetici? La risposta è data in maniera esplicita nella premessa allo stesso regolamento, laddove al primo comma si osserva che il mercato è caratterizzato da una “grande varietà di dichiarazioni concernenti la funzione, il contenuto e gli effetti dei prodotti cosmetici”. L’obiettivo principale della Commissione presieduta allora da Barroso non era tanto la salute pubblica, quanto l’esigenza di sottoporre aziende provenienti da mercati diversi a criteri comuni, in ragione di “prodotti [che] hanno un ruolo rilevante nella vita degli utilizzatori finali”. La funzione del regolamento, dunque, è di intervenire su un settore economicamente interessante ed evitare che alcune aziende possano beneficiare, su un mercato sovranazionale, di vantaggi nazionali, dovuti a normative più “permissive” di altre. Entriamo nel dettaglio.

I criteri comuni dell’UE
Clinicamente testato?
Test di efficacia


I criteri comuni del Regolamento UE 655/2013

La normativa della Commissione europea enumera 6 criteri comuni. Si tratta per l’appunto di “criteri”, ossia regole generali perché, come dichiarato nelle premesse dello stesso documento,

Occorre adottare un approccio flessibile nella comunicazione dei messaggi agli utilizzatori finali, in modo da tener conto della diversità sociale, linguistica e culturale dell’Unione e preservare l’innovazione e la competitività dell’industria europea.

Considerazione n. 6 del Regolamento UE 655/2013

I criteri in questione sono:

  1. Conformità alle norme,
  2. Veridicità,
  3. Supporto probatorio,
  4. Onestà,
  5. Correttezza,
  6. Decisioni informate.

1. Conformità alle norme

Nella comunicazione del prodotto, non bisogna dichiarare che lo stesso è stato approvato da una singola istituzione all’interno dell’UE. In questo modo, il consumatore finale non è tratto nell’errore di giudicare – ad esempio – un’autorità nazionale più attenta e confacente alle proprie sensibilità rispetto a quella europea, dato che, a tutti gli effetti, è quest’ultima ad essere competente in materia.

La conformità alle norme implica anche che “non sono consentite le dichiarazioni che suscitano l’impressione che un prodotto abbia uno specifico beneficio”, se in realtà quest’ultimo altro non è che un necessario adempimento di legge, comune a tutti i prodotti simili immessi sul mercato. Infine, nello stesso criterio si fa riferimento al target su cui valutare la conformità del messaggio, ossia un “utilizzatore finale medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto dei fattori sociali, culturali e linguistici del mercato in questione”.

2. Veridicità

Qui si precisa che se si comunica che un prodotto ha (o non ha) un determinato ingrediente, così deve essere anche nella realtà. Si tratta di una declinazione basilare del principio di veridicità, a cui se ne aggiunge un’altra meno scontata: non si può attribuire ad un prodotto finito una proprietà che ha un ingrediente dello stesso, a meno che davvero l’ingrediente non riesca a trasferire la propria qualità all’intero prodotto.

3. Supporto probatorio

“Le dichiarazioni relative ai prodotti cosmetici, sia esplicite che implicite, devono essere sostenute da prove adeguate e verificabili”, che tengano conto di prassi all’avanguardia. Se si fa riferimento a studi di settore, devono essere “pertinenti al prodotto e ai benefici attribuitigli, seguire metodologie ben concepite e applicate correttamente (valide, affidabili e riproducibili) e rispettare considerazioni di ordine etico”.

È interessante la precisazione che il messaggio pubblicitario, nel caso in cui adotti iperboli (“affermazioni chiaramente esagerate che non vanno prese alla lettera”) o astrazioni, non si applica il criterio del supporto probatorio.

Particolarmente critica per tutto il settore è la possibilità di trasferire le qualità di un ingrediente al prodotto finito. Le linee guida dell’UE si esprimono su questo argomento nel precedente criterio della “Veridicità” e vi tornano nel “Supporto probatorio” laddove si precisa che:

Una dichiarazione che estrapola (esplicitamente o implicitamente) le proprietà di un ingrediente attribuendole al prodotto finito deve essere corroborata da prove adeguate e verificabili, che dimostrino ad esempio la presenza dell’ingrediente a una concentrazione efficace.

Art. 3 dell’All. 1 al Regolamento UE 655/2013.

4. Onestà

Non si possono presentare le prestazioni di un prodotto dermo-cosmetico al di là di ciò che è verificabile. Le caratteristiche presentate quali “uniche”, devono essere realmente tali e non essere condivise con altri prodotti simili.

Infine, se il prodotto acquisisce determinate caratteristiche in combinazione con altri, allora ciò va precisato e opportunamente indicato.

5. Correttezza

Si tratta qui di principi largamente enunciati anche in altre fonti dell’UE, nelle quali si precisa che le dichiarazioni devono essere:

  1. Obiettive,
  2. Non denigratorie né dei prodotti della concorrenza, né di ingredienti legalmente utilizzati,
  3. tali da non indurre il consumatore a confondere un prodotto con quello di un concorrente.

6. Decisioni informate

Produrre prodotti di dermo-cosmesi vuol dire fare attività di ricerca e laboratorio. Insomma, gestire reazioni chimiche che quasi mai sono facili da comunicare. Per questo motivo il regolamento europeo tiene a precisare che “Le dichiarazioni devono essere chiare e comprensibili all’utilizzatore finale medio”, in modo tale che questi possa “compiere una scelta informata”.

Come le dichiarazioni, anche i “messaggi commerciali devono essere chiari, precisi, pertinenti e comprensibili al pubblico destinatario” (che è più esteso e generico dell’ “utilizzatore finale”).

Testato “clinicamente”, “dermatologicamente” e “oftalogicamente”

Strettamente legato al principio precedentemente descritto delle “decisioni informate” è la comprensione di diverse dichiarazioni che appaiono in etichetta o negli spot televisivi.

Il “clinicamente testato” è chiaro ai più: un prodotto è stato provato su potenziali clienti, sotto l’osservazione di un’equipe medica, rispettando pertanto ambiente e protocollo clinico.

Nel “dermatologicamente testato” cambia il supervisore, che è un dermatologo. Anche qui si svolgono test in laboratori specializzati. Il test può cambiare se è finalizzato ad esprimere una determinata qualità e a un determinato pubblico.

Oftalogicamente testato” si riferisce a test di laboratorio su prodotti che riguardano l’occhio e annessi.

Test di efficacia e sicurezza

Da ciò che abbiamo esposto sinora, abbiamo capito che per poter vantare un claim sul packaging del prodotto, in televisione o su qualsiasi altro media, è necessario rispettare la legge e la verità scientifica stabilita in laboratorio.

I test di efficacia si occupano proprio di questo, ossia di essere parte di quel supporto probatorio utile a dire che una crema ha una specifica proprietà, piuttosto che un’altra. Si tratta dunque di test che tutelano il consumatore e, allo stesso tempo, danno all’azienda che commercializza il prodotto la prova che, quanto vantato, è confermato da test di laboratorio.

Anche la Blueberry, oltre a fornire ai suoi clienti un servizio di consulenza tecnico-legislativa gratuito, attraverso il suo laboratorio dà anche la possibilità di effettuare test di sicurezza e di efficacia.

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